ATTI DI VIOLENZA SUL PERSONALE SCOLASTICO: COSA FARE E COME AGIRE …..????

Ampio risalto è stato dat0 in questi giorni dalla stampa e dalle televisioni (nazionali e locali) agli ultimi episodi di violenza che hanno visto coinvolti due dirigenti scolastici della Puglia 

Ovviamente, anche questa volta la FLP SCUOLA  non può che esprimere la piena solidarietà e la vicinanza ai due dirigenti offesi nella loro dignità di uomini e di professionisti della scuola.

Ma, dobbiamo dirlo a chiari lettere e senza retorica alcuna, si sta correndo il rischio “quasi di abituarsi” a tale situazione, una “pericolosa assuefazione” che ci porta per alcuni giorni “agli onori della cronaca” senza con questo, poi, dar seguito ad interventi specifici e di prevenzione di tali “assurdi e deprecabili” fenomeni di violenza.

 La violenza ormai, e bisogna denunciarlo con forza, è entrata nelle scuole con i problemi e le paure dei ragazzi, con i fatti di cronaca e della vita quotidiana, con il clima sociale complessivo.

La violenza nei confronti del personale della scuola non è la sola violenza che ormai quotidianamente siamo chiamati ad assistere e denunciare.

La scuola riceve talvolta bambini-ragazzi trattati male o maltrattati nel contesto familiare nel quale vivono: la stragrande maggioranza dei comportamenti violenti, anche gravi, si manifestano nel privato, in casa, contro persone vicine (figli, mogli-compagne, genitori, fidanzate, vicini di casa) ed evidenziano una carenza nella educazione dei sentimenti quanto della ragione di chi li agisce.

Ci troviamo di fronte a modelli di comportamento e schemi di relazione di cui è permeato il nostro contesto sociale. Il ricorso alla regolazione violenta dei conflitti e delle difficoltà relazionali in ogni campo è diffuso, tanto da essere considerato normale ed essere piuttosto approvato; scarseggiano sia l’investimento nel valore di riferimenti normativi condivisi, sempre più spesso presentati/vissuti come ostacoli alla libertà individuale, sia la considerazione degli altri come persone titolari di diritti pari ai nostri.

E’ vero o non è vero che dobbiamo assistere a scarsità di interessi e noia della quotidianità da parte degli studenti ? E vero o non è vero che spesso essi tendono a riempire con immagini e giochi elettronici, che inducono facilmente alla deresponsabilizzazione anche attraverso un indebolimento della consapevolezza delle conseguenze di atti di violenza su persone-vittime reali ? 

Come non ignorare  che  in molte periferie urbane il contesto di vita, purtroppo, genera fenomeni di disgregazione sociale, degrado socio-culturale e scarsità di opportunità positive, che poi si riflettono nella scuola ?

Fra i tanti progetti che vengono inseriti nel PTOF non è forse opportuno inserire “vere ed efficaci” interventi per una politica scolastica integrata per contrastare e prevenire la violenza a scuola? Si vuole dire “un insieme coordinato di interventi che coinvolgano tutte le componenti scolastiche e nella quale gli adulti della scuola si assumono la responsabilità della relazione con i ragazzi”

Si deve operare per rendere possibili progetti che portino innovazione nella didattica tenendo conto dell’ambito relazionale, che attivino le risorse della scuola per conoscere (perché i processi difensivi di negazione possono accomunare, per ragioni diverse, alunni ed istituzione), prevenire, contrastare fenomeni di disagio, dispersione, violenza, che si ripercuotono sull’apprendimento. Presupposto è il coinvolgimento del collegio docenti, di singoli insegnanti e di tutto il personale scolastico nel mettersi in gioco nel rapporto con gli studenti e le famiglie e viceversa.

Non è semplice il lavoro educativo per chi voglia affrontare seriamente il problema, anche perché chi nella scuola cerca di arginare il fenomeno lo fa spesso in solitudine ed in controtendenza rispetto al pensiero comune diffuso.

L’attività progettuale dovrebbe essere ampia e svolta su tempi medio-lunghi. Un percorso comune fra diverse classi in un progetto unitario facilita il raggiungimento di risultati positivi, meglio ancora sarebbe il coinvolgimento dell’intera scuola. Alcuni problemi diventano anche obiettivi “strategici” per il successo e l’implementazione di un percorso su queste tematiche:

* l’indispensabile impegno del dirigente per la creazione di una strategia di scuola;
* le regole: poche, pubbliche, semplici e spiegate, coerenti; non solo divieti;
* la continuità e costanza nell’accogliere anche il malessere dei ragazzi;
* una buona flessibilità nella programmazione;
* un tempo sufficiente e riconosciuto per l’elaborazione e l’attuazione degli interventi;
* una visibilità del percorso;
* il coinvolgimento di tutte le figure adulte: dai collaboratori scolastici ai genitori.

Non  possiamo più aspettare che la situazione si “cronicizzi”, alcune linee che possono guidarci nella ricerca del coinvolgimento delle famiglie possono essere così sintetizzate:

* non aspettare a muoversi quando la situazione “scoppia”, né tanto meno ricercare “supplenze “ punitive, ma lavorare per una comprensione comune di ciò che accade ai figli-alunni;
* richiamare i diritti ed il potere dei genitori, non solo i doveri e le responsabilità;
* organizzare momenti di scambio e occasioni concrete di collaborazione, più che incontri e conferenze;
* ricercare una maggiore coerenza fra gli interventi dei due sottosistemi scuola e famiglia.

Dobbiamo, purtroppo, dire che troppo spesso vengono proposti interventi spot, non inseriti in una progettualità più ampia, che non coinvolgono la quotidianità delle relazioni scolastiche né l’approccio alle discipline di insegnamento.

La scuola ritiene che l’ormai imminente l’approvazione definitiva del disegno di legge a firma di Rossano Sasso che prevede modifiche ad alcuni articoli del codice penale allo scopo di aumentare la sicurezza del personale scolastico contro manifestazioni di violenza da parte di studenti e loro familiari, sia la cura migliore  e la sola possibile ?

Il decreto modifica alcuni articoli del codice penale: infatti, l ’articolo 4, per esempio, introduce un’ulteriore circostanza aggravante del reato, consistente nell’aver agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni; l’articolo 5 interviene poi sull’articolo 336 del codice penale (“Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale”), ai sensi del quale è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio per costringerlo a compiere un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio.
Con la modifica proposta si prevede che la pena sia aumentata fino alla metà se il fatto è commesso dal genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore dell’alunno nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola.

Analogamente la pena per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale viene aumentata se il fatto è commesso dal genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore dell’alunno nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo o amministrativo della scuola.

Il disegno di legge prevede anche la costituzione di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico finalizzato alla introduzione di un sistema di monitoraggio e di studio dei fenomeni di violenza a danno del personale scolastico. Viene istituita anche la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico che verrà celebrata ogni anno il 15 dicembre.

Certamente, il problema viene ora RICONOSCIUTO ED AFFRONTATO SUL PIANO DELLA REPRESSIONE DEI COMPORTAMENTI VIOLENTI NELLA SCUOLA.

Ma,  come si diceva prima, la repressione di comportamenti violenti non è la chiave risolutrice, è un aspetto, e, secondo noi, nemmeno quello che risolve il problema. 

Riteniamo, invece,  che Educare alla non violenza è una sfida che riguarda tutta la società. 

Con le recenti cronache si sono riaccesi i riflettori sul malessere dei giovani nelle periferie, segnate da disagio economico, esclusione sociale, carenza di servizi e povertà educativa, che possono farci chiedere se le rivolte violente nelle zone degradate del paese siano ormai una consuetudine cui occorre abituarsi oppure occorre  intervenire sulle radici del malessere prima che sia troppo tardi. Ma parallelamente alla realtà dei quartieri più disagiati, si assiste anche a comportamenti devianti nella quotidianità che interessano ogni fascia della popolazione, attraverso i social e non solo. La questione da approfondire, dunque, è come affrontare quello smarrimento generale nei valori e generare consapevolezza.

La proposta del Ministro Valditara di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole superiori non può bastare: è necessaria una formazione obbligatoria co-progettata per docenti e studenti di tutti i cicli scolastici con personale esperto autonomo e laico, la presenza a scuola di tutor per la prevenzione e la gestione dei casi; vanno introdotti dei codici anti-molestia, dei bagni neutri e delle carriere alias (ndr: la possibilità per gli studenti transgender di usare il nome scelto in classe). Chiediamo che il Ministero dell’Istruzione e del Merito trasformi in politiche concrete queste proposte: vogliamo l’integrazione del Piano nazionale di educazione al rispetto del 2017 e fondi stabili per spazi e supporto psicologico, che devono essere presenti in ogni istituto scolastico”, ha affermato la responsabile Education Maria Sole Piccioli, e noi siamo perfettamente d’accordo.

La formazione deve coinvolgere tutte le figure educative, dal personale scolastico, che devono essere preparati ma anche messi nelle condizioni di lavorare con continuità (in classe un insegnante su quattro è supplente). La formazione è necessaria per le stesse famiglie, che attraverso libri, seminari e incontri, possono capire meglio i problemi dei propri ragazzi e imparare nuove modalità comunicative per rafforzare il dialogo con loro e, PRINCIPALMENTE far acquisire o riacquisire il VALORE SOCIALE DELLA SCUOLA . E’ questo un valore che dobbiamo continuamente affermare: è il valore della quotidiana relazione fra docenti e studenti, della vita in comune, delle relazioni di cooperazione, delle regole condivise e – in termini più profondi – degli apprendimenti che aprono alla conoscenza della vita.